FRANCOFORTE – In una delle decisioni più attese dell’anno, il Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea ha optato per una pausa nel suo ciclo di rialzi dei tassi di interesse, lasciando invariato il costo del denaro nell’Eurozona. Tuttavia, il messaggio che accompagna la decisione è tutt’altro che rassicurante per chi sperava in un imminente allentamento monetario. La presidente Christine Lagarde, nella conferenza stampa successiva alla riunione, ha usato toni da “falco”, sottolineando che la lotta all’inflazione non è ancora vinta e che la banca rimane pronta ad agire di nuovo se i dati lo richiederanno. È la cronaca di una pausa carica di tensione, che lascia i mercati e le economie europee in un limbo di incertezza.
La decisione di oggi lascia il tasso sui depositi presso la banca centrale al 4,00%, il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali al 4,50% e quello sui prestiti marginali al 4,75%. Si tratta del secondo stop consecutivo dopo la lunga e aggressiva serie di rialzi avviata nel 2022 per contrastare la fiammata inflazionistica post-pandemica. Ma chi interpreta questa mossa come un segnale di “missione compiuta” commette un grave errore di valutazione.
“Una pausa non è necessariamente un punto di arrivo,” ha dichiarato Lagarde con fermezza, leggendo tra le righe di un comunicato stampa attentamente calibrato. “La nostra determinazione a riportare l’inflazione al nostro obiettivo del 2% nel medio termine è incrollabile. Manterremo i tassi su livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario. Se le prospettive dovessero deteriorarsi, siamo pronti a fare di più.”
La Sfida dell’Ultimo Miglio
La scelta della BCE riflette la complessità della congiuntura economica attuale. L’inflazione nell’Eurozona, sebbene in netta discesa dai picchi a doppia cifra di due anni fa, si sta dimostrando più persistente del previsto in quella che gli economisti chiamano la fase dell’ “ultimo miglio”. Gli ultimi dati di Eurostat indicano un’inflazione complessiva al 3,1% su base annua, ancora ben al di sopra del target. A preoccupare l’Eurotower è soprattutto l’inflazione “core” – quella al netto dei prezzi volatili di energia e alimentari – che resiste attorno al 3,5%, spinta da un mercato del lavoro robusto e da una dinamica salariale ancora vivace.
La BCE si trova a camminare su un filo sottilissimo. Da un lato, un ulteriore rialzo dei tassi rischierebbe di strangolare un’economia europea che mostra evidenti segni di rallentamento. Gli indicatori PMI (Purchasing Managers’ Index) per il settore manifatturiero e dei servizi sono rimasti in territorio di contrazione per gran parte dell’anno, e la locomotiva tedesca continua a faticare, appesantita dalla crisi del suo modello industriale export-led e dagli alti costi dell’energia.
Dall’altro lato, un allentamento prematuro o un segnale troppo “colomba” potrebbe rinfocolare le aspettative inflazionistiche, vanificando gli sforzi e i sacrifici compiuti finora. La credibilità della banca centrale è in gioco, e Lagarde ha voluto ribadire che, tra i due rischi, quello di un’inflazione persistente è ancora considerato il più pericoloso. “Sarebbe un errore molto più grande dichiarare vittoria troppo presto,” ha ammonito.
Le Reazioni dei Mercati e l’Impatto Reale
La reazione dei mercati finanziari è stata un riflesso dell’ambiguità della comunicazione della BCE. Inizialmente, l’euro ha perso terreno contro il dollaro sulla notizia dei tassi invariati, per poi recuperare durante la conferenza stampa di Lagarde, interpretando le sue parole come un segnale che i tagli sono ancora lontani. I rendimenti dei titoli di stato dell’Eurozona hanno mostrato volatilità: lo spread tra BTP italiani e Bund tedeschi si è leggermente allargato, segno che l’incertezza sulla traiettoria futura della politica monetaria penalizza i paesi con un debito pubblico più elevato.
Per cittadini e imprese, questa “pausa da falco” si traduce in una realtà concreta. I tassi sui mutui, sia fissi che variabili, rimarranno su livelli elevati, continuando a raffreddare il mercato immobiliare e a pesare sui bilanci delle famiglie. Per le aziende, l’accesso al credito resterà costoso, frenando gli investimenti in un momento in cui sarebbero cruciali per finanziare la transizione ecologica e digitale. Le piccole e medie imprese, spina dorsale dell’economia europea, sono le più esposte a questa stretta creditizia prolungata.
Uno Sguardo al Futuro: Dati, Dati e Ancora Dati
Cosa accadrà ora? La BCE ha ribadito fino alla noia il suo approccio “data-dependent”. Le prossime decisioni dipenderanno da tre fattori chiave: le nuove proiezioni macroeconomiche dello staff della BCE (attese per dicembre), l’evoluzione dell’inflazione di fondo e la forza della trasmissione della politica monetaria all’economia reale.
Nel mirino ci sono soprattutto i dati sui salari che verranno negoziati nei prossimi rinnovi contrattuali in diverse grandi economie dell’area euro. Una crescita salariale troppo robusta, non supportata da un aumento della produttività, potrebbe innescare una temuta spirale prezzi-salari, costringendo la BCE a intervenire di nuovo.
La riunione di oggi non ha sciolto i dubbi, ma li ha cristallizzati. L’era del denaro a costo zero è definitivamente archiviata, ma la “nuova normalità” è una navigazione a vista in acque agitate. La Banca Centrale Europea ha scelto di prendere tempo, ma ha chiarito che la sua bussola punta ancora in una sola direzione: la stabilità dei prezzi, anche a costo di un atterraggio economico più duro del previsto. La speranza di famiglie e imprese di un rapido sollievo è, per ora, rimandata.
